Il coordinamento educativo è un ruolo che va ben oltre l’organizzazione delle attività quotidiane. Non è solo una questione di gestione operativa o risoluzione di problemi. Coordinare significa muoversi in uno spazio di responsabilità dove la leadership, il riconoscimento e il servizio diventano i cardini di un sistema che regge la qualità e la crescita del servizio educativo. Tre pilastri fondamentali, che se compresi e gestiti con consapevolezza, trasformano un semplice coordinamento in un vero e proprio percorso di significato.
Durante il corso di Specializzazione per Coordinatori di Zeroseiplanet, uno dei momenti più significativi è stato il lavoro di gruppo. Le partecipanti, tutte coordinatrici con esperienze diverse, hanno riflettuto insieme su tre pilastri centrali della loro professione: potere, riconoscimento e servizio. Questi concetti, analizzati durante il corso, hanno permesso di esplorare non solo gli aspetti tecnici del ruolo del coordinatore, ma anche quelli più emotivi e personali legati alla gestione di un team e di un servizio educativo.
Le discussioni hanno fatto emergere sfide comuni che ogni coordinatrice affronta quotidianamente, evidenziando anche la necessità di definire confini chiari, sia per se stesse che per gli altri. Di seguito, una sintesi delle riflessioni emerse, arricchita da spezzoni del dialogo tra le partecipanti.
Leadership: Il Coraggio di Decidere
Il “potere” è il primo pilastro, ed è forse quello che più mette in crisi chi lo gestisce. Essere coordinatore significa avere la capacità di prendere decisioni, di dare un’impronta personale a ogni scelta educativa. Ma questo potere non è solo un privilegio: è una responsabilità che può gravare pesantemente sulle spalle di chi lo detiene.
Da un lato, la parola del coordinatore ha peso, è quella che guida.
Dall’altro, proprio questo potere può creare sensi di colpa, perché si sa che non tutti lo hanno e che il coordinatore spesso si ritrova da solo a dover affrontare le conseguenze delle sue decisioni.
Il rischio è scivolare in una democrazia assoluta, dove il potere viene diluito per paura di non essere accettati. Ma la verità è che non si può sempre cercare l’approvazione di tutti. Il coordinatore deve ascoltare, sì, ma poi deve decidere. Il potere va accettato e gestito, senza farsene schiacciare, trovando un equilibrio tra ascolto e decisione, tra apertura e autorità.
F.: “Non è nel mio carattere impormi, ma sto capendo che è necessario. Devo iniziare a stabilire confini, perché è parte del mio ruolo. Se continuo a essere troppo permissiva, non riesco a gestire il personale in modo efficace.”
E.: “Sì, anche io faccio fatica a trovare un equilibrio tra essere amichevole e mantenere l’autorità. Però è chiaro che dobbiamo prenderci lo spazio che ci spetta come leader, altrimenti diventa complicato mantenere la professionalità.”
Riconoscimento: Darsi il Giusto Valore
Il secondo pilastro è il riconoscimento. E qui si gioca una partita delicata. Quanto si è pronti a riconoscere il proprio ruolo di responsabilità? Spesso si tende a sminuire se stessi, a farsi chiamare per nome, a confondersi tra gli altri, per non apparire troppo distanti o formali. Ma questo è un errore. Il coordinatore non è una figura amichevole che si confonde nel gruppo: è un punto di riferimento.
Per ottenere rispetto, bisogna prima di tutto rispettare se stessi. Accettare il proprio ruolo e farsi riconoscere come tale è fondamentale. È una questione di dignità professionale. Non è questione di arroganza, ma di sapere chi si è, cosa si rappresenta.
Educare è una professione, e coordinare significa avere la responsabilità di guidare un gruppo. Chi ha questo ruolo deve portarlo con orgoglio, senza paura di sembrare “distante”. Il riconoscimento non verrà mai dall’esterno, se prima non arriva da dentro di noi.
S.: “Io lavoro in un baby parking e sento che il riconoscimento del mio lavoro è più lento, meno evidente rispetto a chi coordina in una scuola dell’infanzia. A volte sembra che non capiscano l’importanza del nostro ruolo.”
F.: “Anche io, però sento che il riconoscimento da parte delle famiglie è solido, anche se c’è sempre qualcuno con cui è più difficile. Ma alla fine mi sento apprezzata, e questo mi dà forza.”
Servizio: Dare Senza Perdersi
Il terzo pilastro è il servizio. Ed è forse il più difficile da gestire. Spesso si confonde il servizio con una disponibilità incondizionata, h24. Ma questo è pericoloso. Il servizio non è annullarsi per gli altri, non è essere sempre disponibili. È sapere quando e come essere presenti. È riconoscere le vere emergenze e saper dire di no a ciò che può aspettare.
Un coordinatore che si sacrifica continuamente per il servizio non sta facendo bene né a se stesso né agli altri. Alla lunga, questo porta al burnout, alla perdita di motivazione, e alla fine anche alla caduta della qualità del lavoro. Servire significa essere un punto di riferimento, una guida stabile e presente, ma non significa essere disponibili in ogni momento e per qualsiasi richiesta. Anche il coordinatore ha bisogno di proteggere i propri spazi, per poter continuare a dare il meglio senza esaurirsi.
C.: “Io sto lavorando molto sul mettere paletti. Alle 17:30, quando i servizi chiudono, non rispondo più a chiamate o messaggi. Anche i genitori devono imparare che c’è un orario da rispettare. Non è facile, ma noto che stiamo migliorando su questo aspetto.”
L.: “Anche io devo lavorare su questo. Mi accorgo che mi carico di troppe cose, che non mi competono, e alla fine arrivo esausta. Devo stabilire dei confini chiari, altrimenti non riesco più a gestire tutto.”