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di dott.ssa Marilisa Modena

Sii come la roccia contro cui s’infrangono le onde: essa rimane salda mentre i flutti si placano attorno a lei

(Marco Aurelio)

Nell’orizzonte dell’Outdoor Education, l’educatore non è un mero conduttore di attività, ma una presenza significativa, stabile e riflessiva, capace di abitare l’incertezza con fermezza e apertura. Proprio come la roccia evocata da Marco Aurelio, l’educatore è chiamato a sostenere, accogliere e trasformare le onde dell’esperienza educativa in natura.

L’ambiente naturale è, per sua natura, instabile, mutevole, imprevedibile. Vento, pioggia, sole, rumori, presenze animali e umane si intrecciano in un contesto in continuo divenire. In questo scenario, il ruolo dell’adulto si ridefinisce: egli non ha più il controllo pieno della situazione, ma si colloca in ascolto, come presenza stabile e allo stesso tempo flessibile, capace di sostenere i processi di apprendimento senza ingabbiarli.

Come ci ricorda Monica Guerra, “l’educatore in Outdoor Education abita una soglia: tra presenza e assenza, tra guida e ascolto, tra intenzione e apertura all’imprevisto”.

Egli non impone, ma propone; non dirige, ma orienta; non protegge in modo totalizzante, ma accompagna nell’autonomia.

La frase di Marco Aurelio ci offre un’immagine potente: l’educatore come roccia. Ma non una roccia rigida, intransigente, bensì una roccia che sta, che resta, che accoglie l’energia del movimento senza esserne travolta.

In Outdoor Education, questa metafora si traduce in una postura pedagogica fondata su:

  • Presenza solida: l’educatore è punto di riferimento, presenza costante che dà sicurezza senza invadere.

  • Capacità riflessiva: l’educatore osserva, ascolta, documenta, si interroga. Come suggerisce Michela Schenetti, l’adulto in natura deve “fare un passo indietro per fare spazio all’incontro”.

  • Tenuta emotiva: l’ambiente esterno può generare conflitti, paure, sfide. L’educatore mantiene una calma vigile, capace di contenere senza soffocare.

  • Autenticità: in natura, tutto è vero. Anche l’adulto deve esserlo: autentico nella relazione, trasparente nel comunicare, coerente nel suo agire.

Nel contesto educativo tradizionale, si è spesso portati a “proteggere” i bambini dall’incertezza. Ma l’Outdoor Education ci insegna che l’incertezza è parte costitutiva della crescita.

L’educatore, come la roccia, non elimina le onde, ma aiuta i bambini a stare dentro l’esperienza, a “navigare” tra emozioni e relazioni, sostenendo i processi di autoregolazione, esplorazione e autonomia.

Il riferimento a Christian Mancini è utile per comprendere questo equilibrio: “Educare fuori non significa abbandonare, ma aprire spazi in cui l’altro possa esprimersi con autenticità, sapendo di avere un adulto accanto che tiene il filo della relazione.”

Essere educatori in natura significa imparare a stare nel flusso senza perdersi. Come la roccia evocata da Marco Aurelio, siamo chiamati a una presenza salda, non autoritaria; attenta, non invadente; aperta, non incerta.

L’Outdoor Education ci insegna che è proprio nella tensione tra stabilità e cambiamento che nasce la vera educazione: quella che accompagna i bambini a diventare sé stessi, in relazione profonda con il mondo.

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