“E se anche la nostra documentazione potesse parlare con parole gentili? Parole semplici, che anche i bambini potrebbero capire.”

Questa riflessione accarezza la mente di una coordinatrice mentre osserva un bambino intento a esplorare, ad ascoltare, a scoprire. Perché, dopotutto, progettare e documentare sono atti di narrazione; raccontano il presente, riflettono un momento, un incontro, uno scambio.

Pensare alla progettazione educativa significa adottare uno sguardo capace di accogliere il contesto in tutte le sue sfumature, riconoscendo ciò che funziona e ciò che può essere migliorato. “Non è solo questione di vedere,” dice l’educatrice, “ma di riconoscere e dare valore ai punti di forza e ai punti di debolezza di un luogo.” I punti di forza ci aiutano a sentirci saldi, forti, mentre i punti di debolezza ci invitano a crescere, ad adattarci, a trovare nuove vie.

Il Senso di una Documentazione che Parla al Cuore

La documentazione, in questo senso, non è un semplice diario di bordo, ma un atto di ascolto e di attenzione che prende vita tra le pagine di un progetto educativo.

“Il nostro compito,” riflette la coordinatrice, “è quello di costruire un’immagine del bambino che sia autentica, che lo rispetti come persona capace, competente.”

La documentazione è un modo per “restituire” al bambino la sua voce, il suo ruolo di protagonista nel mondo che lo circonda.

È una visione, questa, che risuona con l’idea di bambino come cittadino sin dalla nascita, portatore di diritti e ricco di potenzialità. In questo approccio, ogni bambino è visto non solo come un individuo, ma come un essere in relazione con altri, un piccolo esploratore in dialogo continuo con il suo ambiente.

“Il bambino ha il diritto di essere riconosciuto, di essere visto per ciò che è davvero, non solo come un individuo separato ma come parte di un tutto.”

I Cento Linguaggi: Quando il Bambino Esprime il Mondo

Ci sono infiniti modi per raccontare il mondo e per viverlo, e i bambini ne sono maestri. Ogni gesto, ogni parola, ogni disegno è un modo per esprimere ciò che sentono, ciò che vedono.

“Pensiamo ai cento linguaggi del bambino, non come a un concetto astratto, ma come a una realtà concreta: i bambini usano tanti modi per esplorare il mondo.”

Se noi adulti accettiamo questo, allora siamo chiamati a creare spazi che sappiano accogliere questa ricchezza, che rispondano ai bisogni e alle domande spontanee che i bambini portano.

Documentare significa non solo registrare ma creare un “ponte” tra ciò che il bambino vive e ciò che gli educatori vogliono costruire con lui, un contesto in cui possa esprimersi e sentirsi accolto.

Un Mondo Inclusivo che Abbraccia Tutti i Linguaggi

La progettazione educativa diventa così un incontro, un momento per riflettere insieme sull’immagine del bambino, sulla sua competenza e sulla sua capacità di apprendere. La conoscenza, infatti, non è un percorso individuale, ma una costruzione collettiva, che avviene quando il bambino è in relazione con gli altri e con il mondo che lo circonda.

“Ogni bambino è unico, e proprio per questo dobbiamo costruire ambienti capaci di rispondere alle sue esigenze.”

Questo significa creare spazi dove la pluralità di linguaggi possa essere espressa e accolta: un contesto ricco è un contesto che dà ai bambini l’opportunità di esplorare in modi diversi, di scoprire il mondo secondo le proprie modalità. E proprio in questa diversità si trova la ricchezza dell’apprendimento, un apprendimento che non si impone ma che si costruisce passo dopo passo.

La Cultura dell’Infanzia come Convenzione Culturale

Ogni educatore porta con sé un’idea di infanzia, un’immagine che influenza il modo in cui interagisce con i bambini, in cui costruisce il contesto educativo.

“Abbiamo bisogno di condividere un’idea comune di infanzia, un’idea che sia rispettosa, autentica,” sottolinea la coordinatrice.

È una scelta che nasce dall’esperienza e dalla riflessione, dal desiderio di creare una “cultura dell’infanzia” che dia valore alla soggettività di ogni bambino, alla sua capacità di esprimersi e di conoscere.

Così, la documentazione diventa il riflesso di questa cultura, una testimonianza viva che racconta i passi, le scoperte, le domande.

“Perché in fondo,” conclude la coordinatrice con un sorriso, “documentare è un atto d’amore: è il modo in cui diamo ai bambini la possibilità di essere visti, ascoltati e accolti, così come sono.”

[Questo articolo nasce da un corso per Coordinatori del Percorso di Specializzazione Zeroseiplanet]

PER SAPERNE DI PIU’:

PERCORSO FORMATIVO PER COORDINATORI (40 ORE)

Un Percorso di Specializzazione per Coordinatori di servizi educativi

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