di Marilisa Modena
Con Kandinsky, l’arte smette di essere solo visiva e diventa ascolto, ritmo, emozione. Le sue opere non raccontano storie da capire con la testa, ma mondi da sentire con il corpo, con l’intuito, con l’orecchio interiore.
Si entra in un universo astratto e sensibile, dove ogni colore ha un suono, ogni linea una direzione, ogni forma un’energia.
Kandinsky non disegna oggetti: compone armonie visive, come se dipingesse una musica. I bambini, davanti a queste immagini, non devono capire, ma sentire. Si muovono tra colori forti, forme che rimbalzano, linee che attraversano lo spazio come note.
Cosa succede quando Kandinsky entra nell’atelier?
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Si gioca con i segni, si tracciano linee libere, si ascolta il gesto mentre prende forma.
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Si esplorano le emozioni del colore, si scelgono i toni non per rappresentare qualcosa, ma per esprimere stati d’animo, sensazioni, movimenti interiori.
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Si costruiscono composizioni astratte, cercando equilibri e contrasti, pieni e vuoti, silenzi e vibrazioni.
Ogni bambino trova il proprio ritmo, la propria combinazione, come se suonasse uno strumento invisibile con pennelli e pastelli.
In questo percorso, la pittura non è rappresentazione, ma esperienza sonora e visiva insieme. L’occhio ascolta, la mano danza, il colore parla.
Perché Kandinsky è prezioso con i bambini?
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Libera dall’obbligo di “disegnare qualcosa”: l’opera non ha da somigliare a nulla, basta che “suoni bene”.
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Sviluppa la sensibilità verso il ritmo, la composizione, l’armonia.
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Favorisce un’espressione autentica: non c’è giusto o sbagliato, ma solo ciò che “risuona”.
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Unisce arte, musica e emozione, rendendo ogni gesto creativo un’esperienza multisensoriale.
Portare Kandinsky nell’atelier significa ascoltare il segno prima ancora di disegnarlo, sentire il colore prima ancora di sceglierlo.
In questo spazio, la pittura si fa musica silenziosa, e ogni bambino diventa compositore del proprio mondo interiore.