Gli asili nido e le scuole dell’infanzia hanno a lungo sostenuto la tradizione dei lavoretti manuali: piccole creazioni artistiche che i bambini portano a casa per segnare feste e ricorrenze.

Tuttavia, molti educatori e pedagogisti si interrogano sulla reale utilità di questa pratica: “I lavoretti servono davvero ai bambini?“.

In un mondo educativo che cerca di valorizzare l’esperienza piuttosto che il risultato, i lavoretti potrebbero apparire come una contraddizione. Sono spesso standardizzati e orientati verso un prodotto finale che viene celebrato più per la sua estetica che per il processo creativo sottostante. Questo può creare una pressione inutile sui bambini e sminuire il valore dell’espressione individuale.

Per i bambini, soprattutto quelli sotto i sei anni, l’apprendimento è un’esperienza sensoriale e sperimentale. Hanno bisogno di sporcarsi, giocare con forme e colori, e soprattutto di vivere il momento presente. Il loro sviluppo beneficia di attività che li incoraggiano a esprimersi liberamente, senza aspettative o giudizi.

La riflessione critica sui lavoretti si concentra quindi in primis su come possono involontariamente omologare l’esperienza educativa e imporre una certa uniformità.

Un lavoretto finito rappresenta, secondo alcuni, non tanto un traguardo per il bambino, ma una prestazione che omologa e limita l’espressione creativa.

Perché non permettere invece al bambino di esplorare liberamente i materiali a sua disposizione?

Anche l’ansia da prestazione, generata dalla necessità di imparare a memoria filastrocche o canzoni per le varie ricorrenze, viene messa sotto accusa. È più importante permettere ai bambini di esplorare la loro capacità espressiva in modo autentico e significativo, anziché richiedere loro di produrre risultati su richiesta.

C’è da considerare poi l’effetto sui bambini della ricezione del lavoretto finito. Il rinforzo positivo che ricevono per il lavoro “compiuto” rischia di trasmettere un messaggio distorto: “sono bravo se produco qualcosa“. Questa impostazione potrebbe non essere benefica a lungo termine, limitando la percezione del bambino del proprio valore e delle proprie capacità.

Nonostante la resistenza che tali cambiamenti potrebbero incontrare da parte di direttori di asili e genitori, alcuni educatori stanno già esplorando alternative. Questi pionieri dell’educazione cercano di trasformare gli asili in luoghi dove i bambini possano esprimersi in modo più autentico, senza vincoli prestabiliti.

Spesso sono gli adulti a nutrire la maggior parte delle aspettative verso i lavoretti che i bambini portano a casa dalla scuola dell’infanzia o dal nido.

È come se si cercasse una tangibile conferma dell’apprendimento, un segno visibile dell’impegno e della crescita. I genitori possono essere eccitati all’idea di scoprire cosa hanno “creato” i loro figli, forse cercando un riflesso delle loro abilità o persino dei loro sentimenti attraverso oggetti fatti di carta, colla e glitter. Per gli educatori e i direttori, questi lavori manuali diventano un modo per materializzare il processo educativo, una prova da esibire che “si sta lavorando bene“.

Ma questa ansia di risultati tangibili potrebbe, in realtà, oscurare ciò che è più significativo: il viaggio creativo del bambino, il suo divertimento nel sperimentare e l’importanza del processo di apprendimento. I lavoretti dovrebbero essere meno un’esibizione per gli altri e più un’espressione libera e personale per chi li crea. Forse è giunto il momento di riallineare le nostre aspettative, ricordandoci che il vero valore dell’educazione non sta tanto nel prodotto finito, quanto nell’esperienza vissuta e nelle scoperte fatte lungo il cammino.

di dott.ssa Marilisa Modena, atelierista

PER SAPERNE DI PIU’:

LAVORETTO SI, LAVORETTO NO: RIFLESSIONI EDUCATIVE ED ESPLORAZIONI ALTERNATIVE

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