In Italia, come in molte parti del mondo, il cambio di stagione porta con sé un aumento di tosse e starnuti tra i più piccoli.
Mentre le foglie cadono dagli alberi e le temperature si abbassano, e e in particolare nei primi mesi dell’anno dopo le festività natalizie, le scuole dell’infanzia e i nidi si trovano al centro di un dibattito annuale: come gestire la presenza di bambini ammalati? Questa domanda scatena ogni anno discussioni accese tra i genitori, il personale educativo e la comunità più ampia.
Da un lato, i “genitori possibilitisti” si trovano a dover bilanciare la necessità di non trascurare le proprie responsabilità lavorative con quella di prendersi cura dei propri figli malati. In un’economia che richiede presenza e produttività, molti genitori affrontano un dilemma doloroso: lasciare il proprio figlio in comunità, nonostante un lieve raffreddore, o assentarsi dal lavoro con le conseguenze che ne derivano?
Dall’altro lato, i “genitori con senso civico” fanno appello alla responsabilità collettiva, sottolineando come l’invio di bambini malati nei nidi e nelle scuole possa mettere a rischio la salute degli altri bambini e del personale, già sotto pressione.
E’ un serpente che si morde la coda! In questo contesto, i nidi e le scuole dell’infanzia si trovano in una posizione delicata. Da una parte, c’è il dovere di fornire un ambiente sicuro e salutare per tutti i bambini. Dall’altra, vi è la comprensione delle difficoltà che i genitori lavoratori devono affrontare. I dirigenti scolastici e gli educatori enfatizzano la necessità di seguire le linee guida sanitarie, che spesso prevedono che i bambini con certi sintomi rimangano a casa, ma sono anche consapevoli che non tutte le famiglie hanno il lusso di prendere giorni di permesso dal lavoro.
In un’intervista, la direttrice di un nido comunale di Verona esprime la sua preoccupazione: “Ci troviamo spesso a fare i mediatori tra la salute collettiva e le esigenze individuali. È una posizione scomoda perché ogni decisione che prendiamo ha un impatto diretto sulle famiglie e sul nostro personale.”
Le politiche attuali sull’assistenza all’infanzia offrono poche soluzioni. Le ferie per malattia dei bambini sono limitate e non sempre remunerate, mettendo i genitori di fronte a scelte difficili. Alcuni esperti suggeriscono l’introduzione di maggiori flessibilità lavorative, come il lavoro da casa o orari più adattabili, come potenziali risposte a questo problema annuale.
Gennaio è sicuramente un periodo impegnativo per gli educatori, che devono navigare le acque turbolente dei malanni stagionali. Con la presenza di bambini ammalati in classe, gli educatori si trovano a fronteggiare sfide che vanno oltre il loro ruolo tradizionale.
Le educatrici, spesso il primo punto di contatto, sono collocate in prima linea nel contrastare la diffusione delle malattie. Quando un bambino con sintomi di malattia viene lasciato al nido o alla scuola, l’educatrice deve esercitare una sorveglianza costante, prestando attenzione non solo alle sue esigenze ma anche alla potenziale esposizione degli altri bambini. La preoccupazione è duplice: c’è il rischio di un effetto domino che può portare a un’epidemia a livello di classe, e c’è il carico emotivo di vedere i bambini non al meglio della loro salute.
Un’educatrice di un nido di Verona condivide le sue preoccupazioni: “Ogni volta che un bambino malato resta in classe, dobbiamo essere estremamente vigili. Ciò significa pulire e disinfettare continuamente, separare i giocattoli usati dai bambini ammalati e monitorare tutti i bambini per qualsiasi segno di malattia. È un lavoro che richiede molta più energia e attenzione.”
Le conseguenze sugli altri bambini possono essere immediate. I piccoli, con i loro sistemi immunitari ancora in via di sviluppo, sono particolarmente vulnerabili ai germi. Un semplice raffreddore può trasformarsi rapidamente in qualcosa di più serio, come l’influenza o la bronchite, e può facilmente diffondersi in un ambiente dove i bambini giocano e imparano in stretta vicinanza.
Oltre all’impatto sulla salute, c’è anche un carico di lavoro aggiuntivo che ricade sulle spalle delle educatrici. La necessità di attenzioni speciali per i bambini ammalati può ridurre il tempo e le risorse dedicate ad attività educative e ludiche, fondamentali per lo sviluppo dei piccoli. Inoltre, il rischio di ammalarsi anche per gli educatori è un’ulteriore fonte di stress, che può portare a un circolo vizioso di assenze e sostituzioni all’interno dello staff.
“Quando un bambino sta male, la nostra preoccupazione è sempre per il suo benessere, ma non possiamo ignorare l’impatto che questo ha sugli altri bambini e su di noi,” aggiunge l’educatrice. “A volte ci sentiamo impotenti, perché le nostre possibilità di azione sono limitate dalle norme e dalle politiche attuali.”
Per affrontare queste sfide, alcune scuole stanno sperimentando politiche più rigide sull’ammissione di bambini malati e promuovendo una maggiore flessibilità lavorativa per i genitori. La collaborazione tra le famiglie e le istituzioni educative è fondamentale per garantire che la salute dei bambini sia la priorità, senza trascurare le esigenze dei genitori lavoratori. Solo unendo le forze sarà possibile trovare un equilibrio tra cura e prevenzione, riducendo così il peso che le malattie stagionali pongono su tutti i membri della comunità educativa.
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