In ogni fase della vita, l’errore si manifesta come una costante, un inseparabile compagno di viaggio nel percorso dell’apprendimento. Proprio come i primi passi incerti di un bambino, che vacilla e cade, ma non si arrende mai alla ricerca dell’equilibrio. Queste cadute, lontane dall’essere segni di fallimento, sono la dimostrazione tangibile dell’inesauribile desiderio di crescere e di superare nuove sfide. Dall’imparare a camminare, fino a padroneggiare la bicicletta, dallo scivolare sui pendii innevati con gli sci ai primi tentativi di nuotare o costruire complesse strutture con i lego, ogni caduta è in realtà un passo verso la conquista di nuove abilità.

“La cosa più preziosa che puoi fare è un errore: non imparerai nulla dall’essere perfetto.”

Elon Musk

Diversi pedagogisti e teorici dell’educazione hanno sottolineato l’importanza degli errori nel processo di apprendimento. Ad esempio, John Dewey, un filosofo, psicologo e riformatore educativo americano, ha evidenziato l’importanza dell’esperienza diretta e dell’interazione con l’ambiente nell’apprendimento, implicando che gli errori sono parte integrante di questo processo. L’approccio costruttivista, inoltre, vede l’apprendimento come un processo attivo in cui gli studenti costruiscono la conoscenza attraverso le loro esperienze, inclusi gli errori e i tentativi.

Errare è umano; riconoscere, riflettere e apprendere dagli errori è il fondamento dell’educazione.

Alexander Pope

Quando osserviamo un bambino alle prese con questi primi ostacoli, la nostra reazione istintiva non è di rimprovero, ma di incoraggiamento. Riconosciamo ogni tentativo, ogni piccola caduta, come parte del processo di apprendimento. Capire che quelle prove sono fondamentali per imparare a mantenere l’equilibrio, per affinare la coordinazione, per sviluppare la perseveranza, ci porta a vedere l’errore non come una macchia da cancellare, ma come un’opportunità da cogliere.

Eppure, qualcosa cambia radicalmente nel corso della crescita. Quell’approccio positivo e costruttivo sembra svanire quando il contesto si sposta dall’apprendimento fisico a quello intellettuale, in particolare nell’ambito scolastico. Gli errori, invece di essere visti come tappe naturali del percorso di conoscenza, assumono connotati negativi, diventando sinonimi di negligenza o incapacità. La frase “Sta imparando” lascia il posto a giudizi severi e preconcetti, che non solo non aiutano, ma spesso intrappolano in un circolo vizioso di paura e insicurezza.

La discrepanza tra il nostro approccio agli errori nella prima infanzia e quello adottato in età scolare solleva interrogativi profondi sul nostro modo di percepire l’apprendimento e l’errore stesso. La verità è che il bambino non ha smesso di essere un apprendista avido e curioso; siamo noi adulti che abbiamo cambiato prospettiva, lasciandoci guidare da ansie e frustrazioni, perdendo fiducia nel processo naturale di apprendimento.

Questo ci porta a riflettere su chi sia realmente al centro del problema. Non è il bambino, che continua a esplorare, a sperimentare, a cadere e a rialzarsi. Siamo noi, gli adulti, a dover riconsiderare il nostro atteggiamento verso l’errore. Riconoscere l’errore come un elemento fondamentale e positivo del processo di apprendimento, un catalizzatore di storie di crescita e superamento, è il primo passo per creare un ambiente in cui ogni individuo possa sviluppare pienamente le proprie potenzialità, senza paura di cadere, ma con la certezza che ogni caduta è, in realtà, un’opportunità per imparare e migliorarsi.

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